La cucina siciliana è un crogiolo di tradizioni culinarie e i siciliani sono generalmente attenti a mangiare bene, per cui ci divertiremo in questo articolo a citare dieci cose che un siciliano non sopporta a tavola.
Posta al centro del Mediterraneo, l’isola risente degli influssi delle culture di tutti i popoli a essa vicini nonché delle tante dominazioni che nel corso dei secoli si sono succedute.
E poiché anche la gastronomia è cultura, la cucina siciliana e le tradizioni a essa legate sono il risultato di questo pout-pourri.
Il cibo e il buon mangiare, nell’isola, equivalgono quasi a un rito sacro.
Accanto alla creazione di innumerevoli squisite ricette, nel tempo si sono formate delle tradizioni e delle regole che a tavola un vero siciliano non può trasgredire.
Perché la consumazione del cibo (quello buono!) è un momento di gioia, condiviso preferibilmente con parenti e amici, che non può essere rovinato da alcune cose o eventi che non si possono sopportare.
Proviamo a elencarne alcuni, pronti ad accogliere i vostri suggerimenti e a raccontare gli aneddoti più divertenti e significativi che ci segnalerete al riguardo.
Ecco dunque le dieci cose che un siciliano non sopporta a tavola:
- ‘a sarsa ‘lenta’ o ‘u sucu ‘lentu’ (la salsa o il sugo acquosi). La salsa di pomodoro e il ragù di carne sono dei classici della cucina siciliana e vanno preparati a dovere seguendo alcune regole ben precise. La salsa o il ragù devono essere densi e corposi, senza nessuna deroga. Guai a presentare in tavola a un siciliano uno dei citati condimenti che non sia adeguatamente “quagghiatu”, cioè che abbia il giusto grado di densità; rischieremmo di essere bollati come schiappe dei fornelli.
- Non mangiare la domenica la pasta al forno oppure la pasta col ragù (maccheroni). Il pranzo della domenica è un rito sacro che va consumato con i parenti e/o con gli amici. I padroni di casa si prodigheranno nella preparazione della pasta al forno o del ragù di carne (maiale, castrato, oppure entrambi). E’ un must, punto. E guai, in qualità di ospiti, a presentarsi prima delle 13: il pranzo comincia non prima delle 13.30 e si protrae a tempo indeterminato…
- La pasta scotta. Non è solo una questione di digeribilità! A tavola il siciliano doc la pasta la mangia al dente e odia dal più profondo del proprio cuore la pasta scotta.
- Se in tavola non c’è il pane. Può un siciliano verace sedersi a tavola in mancanza del pane? La risposta è decisamente negativa essendo il pane un elemento essenziale che non può mancare sulle tavole di ogni siciliano che si rispetti. E guai a posarlo inavvertitamente o deliberatamente sottosopra: porta male e significa carestia. E se dovesse cadere per terra, prima di rimetterlo in tavola, è antica usanza baciarlo…
- Il pane scipito. Nulla è fonte di maggior sofferenza in tavola per un siciliano di trovarvi del pane senza sale! Il poveretto si troverà costretto ad aggiungere qualche granello di sale, ma non sarà lo stesso: egli soffrirà (in silenzio per non offendere il padrone di casa) e il suo tormento lo accompagnerà fino alla fine del pasto…
- Quando il cibo è poco condito. La cucina siciliana è forte e decisa, e i cibi sono adeguatamente conditi. Certo, il concetto di adeguatezza è piuttosto soggettivo e, al riguardo i siciliani adorano le tinte forti: dunque, olio, sale, pepe, peperoncino, aceto ecc. ecc. a tinchité!
- Il formaggio sul pesce. Fra le dieci cose che un siciliano non sopporta a tavola vi è mettere il formaggio sui piatti a base di pesce. Ciò equivale quasi a una bestemmia e l’autore del misfatto verrà dapprima osservato come una bestia rara, poi interrogato sui motivi dell’insano gesto (“ma chi ci metti ‘u caciu ‘ncapu u pisci?!?”) e, ottenuta una risposta del tipo “a mia mi piaci”, dopo una serie di “bah” proferiti dalla totalità dei commensali, il pranzo continuerà (quasi) come se nulla fosse…
- Mangiare il pesce o il pollo con il coltello e la forchetta. Durante un pranzo domenicale i commensali affronteranno dapprima con disagio il pesce o il pollo con coltello e forchetta fino a quando qualcuno (generalmente il padrone di casa) pronuncerà una frase del tipo “Pesce e pollame si mangiano con le mani” (o simili). Da quel momento in poi, alquanto liberatorio, tutti (tranne i più ostinati) useranno le mani per pulire e sgusciare pesci e crostacei o per spolpare gli ossi.
- Quando la domenica mancano in dolci in tavola. L’evento è alquanto improbabile, ma può, in rari casi, accadere e scatenare nel commensale crisi che sfiorano il patologico. La domenica, infatti, è impensabile cha alla fine del pasto, la tavola non si ricopra delle “guantere” (vassoi) con i dolci che ciascun invitato ha portato ai padroni di casa e dei dolci da questi preparati. E se non vi piace la ricotta vi ritrovereste a essere dei veri e propri emarginati, compatiti dal resto dei commensali e interrogati circa la vostra bizzarra malattia. Infine, la padrona di casa vi dirà “Ma chi è, ‘un ti piace ‘a ricotta?!? Tu manciatilla na fetta, l’ho fatta io”. Ed è un’offerta che non si può rifiutare.
- Quando il caffè è ‘broru ri purpu” cioè “brodo di polpo”. C’è bisogno di una spiegazione?