Il panorama paesaggistico siciliano è adornato da schiere di vigneti, dai quali si ricavano vini di pregiato sapore, ma anche uva da tavola (detta anche da mensa) di estrema dolcezza.
È il caso dell’uva da tavola di Canicattì, che nel 1997 ha ottenuto il marchio IGP.
Si tratta di un prodotto di altissima qualità, caratterizzato da un colore giallo paglierino e da una dolcezza che al palato più avvezzo al vino ricorda il Moscato.
Viene prodotto nella zona di Canicattì, a metà tra le province di Agrigento e Caltanissetta, e ha una storia più che secolare.
La storia dell’uva
Si è soliti innanzitutto associare l’uva al vino, la bevanda alcolica più diffusa al mondo. E questo è stato vero fino all’800, quando in effetti non c’era alcuna distinzione: quest’ultima è stata fissata proprio in Italia, come vedremo tra poco.
La storia dell’uva è ormai antichissima: già i greci erano soliti raffigurare le loro divinità adornate da grappoli d’uva.
Una caratteristica che poi verrà ripresa anche dai pittori del secondo millennio.
Come non ricordare, a questo proposito, il Bacco di Caravaggio, la cui testa è sormontata da grappoli d’uva assieme alle foglie della vite.
Una scoperta casuale
La vite è il punto di partenza, sia dell’uva sia del vino.
Se ne distinguono due varietà: la vitis labrusca, originaria dell’America Settentrionale, e la vitis vinifera, quella euroasiatica che siamo maggiormente abituati a vedere.
Si tratta di un arbusto rampicante di cui abbiamo ritrovato resti in insediamenti neolitici nel Caucaso.
Addomesticata, la vite riforniva l’uomo preistorico di uva fresca e dolce, ma per caso, tenendo troppo a lungo l’uva nei vasi, si ottenne il vino.
Una scoperta casuale che ha rivoluzionato il rapporto con la vite, che tramite i Greci arrivò poi in Europa e con i conquistadores in America.
La distinzione tra uva da vino e da mensa
L’uva ebbe una grande diffusione, ma anche per questo non si faceva alcuna distinzione tra uva da vino e uva da tavola.
Questo merito va ai viticoltori italiani, che dopo il 1861 marcarono con precisione questa distinzione.
Essi lavorarono anche sulla genetica delle varietà di vite per aumentare la sua resistenza a due parassiti che stavano creando il panico in tutta Europa: la Filossera e la Peronospora.
L’uva da tavola italiana ha avuto così un immenso successo, diventando nel secolo scorso la più consumata al mondo. In tutto il Paese se ne annoverano diverse specialità, tra cui appunto l’uva da tavola di Canicattì IGP.
L’uva Italia
Ci troviamo per l’appunto a Canicattì, comune agrigentino ma sull’asse che porta al capoluogo nisseno.
L’area dell’uva da tavola di Canicattì interessa in realtà diversi centri della zona, tutti sorti attorno al corso del fiume Naro, fino a spingersi ad Agrigento e a Gela.
Qui trova l’habitat ideale un nuovo innesto, chiamato uva Italia.
Creata dall’agronomo milanese Alberto Pirovano a inizio ‘900 incrociando le varietà di Bicane e Moscato, fu chiamata così in onore del neonato regno a cui diversi produttori chiesero una legge specifica volta a tutelare l’uva da mensa (ottenuta nel 1887).
La nascita dell’uva da tavola di Canicattì
A Canicattì l’impianto della prima uva Italia avvenne negli anni del fascismo, ma il successo di questa subvarietà si ebbe soltanto negli anni Settanta.
Nel corso di questi decenni, gli agricoltori del posto hanno man mano lasciato in secondo piano le coltivazioni di cereali per specializzarsi nella cultivar di uva Italia, arrivando a definire un metodo di successo.
La raccolta
I viticoltori utilizzano qui il sistema a tendone, tipico del Meridione. Un sistema intensivo e che protegge il prodotto dal clima arido e dalle alte temperature.
Dopo una serie di interventi nel corso dell’anno, a fine agosto comincia la raccolta, che si protrae a fine settembre nelle zone più vicine al mare, ma che si prolunga anche a dicembre nelle aree più fresche come Delia e appunto Canicattì.
Le caratteristiche dell’uva da tavola di Canicattì
Alla fine di questo lungo percorso, si ottiene un’eccellenza unica, che beneficia del vento e del caldo estivo tipico della costa mediterranea.
L’uva da tavola di Canicattì si mostra in tutta la sua bellezza nei corposi grappoli, tempestati di perle dorate: parliamo degli acini, dal giallo paglierino, caratterizzati da una polpa croccante e da un gusto dolce ma mai stucchevole, che ricorda molto il sapore del Moscato (di cui in effetti è figlia l’uva Italia).
Usi dell’uva da tavola di Canicattì
Questa specialità è ideale da gustare fresca, la mattina, direttamente staccando un acino dopo un altro ma anche ottenendo un nutriente succo.
Si può utilizzare l’uva da tavola di Canicattì anche per preparare marmellate e dolci, ma anche primi e secondi.
Vista la sua unicità e per garantire l’estrema qualità del prodotto, nel 1997 il Consorzio ha ottenuto il marchio di Indicazione Geografica Protetta (conosciuto come IGP), che tutela questa cultivar dalle imitazioni ma al tempo stesso detta una serie di leggi che assicurino al consumatore un prodotto di qualità inarrivabile.
Nel mese di ottobre, la città di Canicattì ospita poi annualmente la Festa dell’Uva, dedicata all’agricoltura e alla produzione viticola dell’area, durante la quale alla degustazione si affiancano musica e folklore siciliani.
Curiosità
L’uva è un alimento nutriente e salutare, ma attenzione a non esagerare: è la frutta più ricca di zucchero in assoluto, tanto che a volte potete usarla per sostituire lo zucchero nelle ricette.
Oltre agli acini, anche le foglie della vite sono commestibili: in Libano si usa ad esempio cuocerle a vapore e poi arrotolarvi all’interno carne e riso.
L’uva è anche protagonista della famosissima favola di Esopo e della sua superba volpe, ma anche di diversi proverbi.
D’agosto l’uva fa il mosto.
La vigna pampinosa fa poca uva.
Quando la volpe non arriva all’uva dice che è acerba.