Liquore Fuoco dell’Etna

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Nel nostro viaggio tra le eccellenze enogastronomiche siciliane, abbiamo incontrato spesso prodotti della terra e del mare, che arrivano sulle nostre tavole ancora intatti.

Ma abbiamo anche parlato di specialità che richiedono un lungo lavoro, preveda esso spremiture (come l’olio d’oliva) o macellazione (il caso del salame Sant’Angelo) o altri lavori manuali, eseguiti da mani esperte.

Si tratta comunque di procedimenti e ingredienti resi noti a tutti, ma non è questo il caso di oggi.

O meglio, sappiamo gli ingredienti (come previsto dalla legge) ma non certo le proporzioni, che rendono questa eccellenza unica al mondo.

Non stiamo parlando ovviamente della Cola, ma di una bevanda sicuramente più salutare: il liquore Fuoco dell’Etna.

La sua storia è abbastanza recente. Nasce infatti nel 1871, per mano del commendatore Alfio Fichera, che realizza un liquore unico, ispirandosi alla lava del vulcano Etna.

Il Fuoco dell’Etna presenta infatti un colore rosso molto acceso, e il suo gusto è sicuramente deciso (anche a causa dell’elevata gradazione alcolica) ma al tempo stesso delicato, grazie a dei sentori di agrumi, fragole e erbe selvatiche, che rendono l’esperienza degustativa di questo liquore assolutamente irripetibile.

I liquori

Il Fuoco dell’Etna è, come tutti gli altri liquori, una bevanda spiritosa. Non che susciti riso (questo dipende dalla vostra resistenza all’ebbrezza), poiché in questo caso si parla di bevande che superino un tasso alcolemico del 15%: in altre parole si tratta di superalcolici.

Ma, nel caso dei liquori, l’alcool viene miscelato con degli elementi aromatizzanti: questi possono essere olii essenziali, ma anche sostanze aromatiche di ogni tipo (erbe, spezie, bucce di agrumi), che vengono fatti macerare oppure aggiunti in infusione.

In ogni caso, per i liquori c’è poi l’aggiunta di sciroppo di zucchero e acqua, in modo da ottenere la gradazione alcolica desiderata.

Qui si colloca la divisione tra liquori e distillati: questi ultimi, detti anche acquaviti, si producono tramite distillazione degli ingredienti di base, senza alcuna aggiunta di acqua e zucchero.

Semplici e composti

Oggi esistono tanti diversi liquori al mondo, che si possono suddividere in base agli ingredienti.

Abbiamo, ad esempio, i liquori semplici: sono chiamati così perché ottenuti da un ingrediente naturale di base, che spesso dà il nome alla bevanda.

Ricordiamo il celebre limoncello, ma anche il maraschino, la sambuca e il mirto rientrano in questa categoria.

Al contrario, i liquori composti sono il risultato di una miscela di aromatizzanti, e qui una catalogazione è impossibile, poiché ogni giorno potrebbero nascere ricette nuove.

Comunque, questo è il gruppo di cui fa parte il Fuoco dell’Etna, assieme ad altri celebri liquori come il centerbe e il fernet.

Un medicinale alcolico

La nascita dei liquori si perde tra storia e leggenda. Se pensiamo ai film medievali, ci vengono in mente stregoni intenti a preparare miscugli magici, dai poteri curativi incredibili.

Ebbene, quei maghi erano i primi produttori di liquori al mondo. Al di là della magia, l’uomo ha da sempre utilizzato infusi di erbe per curare i mali del corpo e della mente, e da questi miscugli vegetali derivano i nostri superalcolici.

Furono però i monaci francesi a capire che mescolare queste erbe all’alcool avrebbe aiutato a livello medico, poiché con la presenza dell’alcool avviene un’assimilazione più rapida – non dimenticando i poteri antisettici. 

Tuttavia, a causa del gusto amaro di questi distillati, l’assunzione risultava molto sgradevole.

Per tale motivo, i monaci decisero di aggiungere del miele, per stemperarne l’amarezza. In quel momento nacque l’idea del liquore, ancora oggi ottenuto dall’aggiunta dello sciroppo di zucchero.

A dire il vero, grazie ai monaci nacque anche il termine “liquore”, che deriva dal latino liquefacere, che indica proprio l’atto della distillazione.

La svolta commerciale

Col tempo, i monaci perfezionarono le loro ricette, con l’aggiunta continua di erbe e altri aromi, creando dei veri e propri capolavori, come il benedettino, ancora oggi disponibile e considerato tra i più antichi al mondo.

La successiva scoperta dell’America e la nascita della Compagnia delle Indie Orientali permisero poi l’arrivo in Europa di spezie e piante inusuali, e da queste nacquero dei liquori assolutamente originali.

Questi capolavori erano comunque sempre relegati al mondo medico e terapeutico, e questo non  deve stupire visto l’intento con cui i creatori di liquori si muovevano: cura e terapia, non piacere.

Furono le Province Unite le prime a permettere la vendita di liquori commerciali, nel remoto Seicento; ma per il resto dell’Europa bisognerà aspettare l’Ottocento, quando finalmente il liquore fu visto finalmente come un prodotto per il palato e non per il corpo.

Col tempo, nacquero ancora nuove ricette e soprattutto, nacquero distillerie specializzate in tutta Europa.

La nascita del Fuoco dell’Etna

Tra queste, in una sconosciuta distilleria a Santa Venerina sta per essere creata un’eccellenza ineguagliabile.

Ci troviamo ai piedi dell’Etna, in particolare sul versante orientale, quello che si affaccia sul Mar Ionio.

A due passi dalla Valle del Bove, tra Giarre e Acireale, si colloca il comune di Santa Venerina, e poco distante dal centro, immersa nel verde, sorge la distilleria Fichera, protetta completamente dalle vette del grande vulcano.

Qui, nel 1871, il commendatore Alfio Fichera creò una ricetta inimitabile, ottenuta mischiando aromi vari: era nato il Fuoco dell’Etna, la cui ricetta è ancora oggi assolutamente segreta, anche dopo la morte del commendatore nel 1967.

L’azienda di famiglia, rilevata dallo stesso commendatore nel 1924, custodisce gelosamente la ricetta, per cui i Fichera sono gli unici a realizzare l’originale Fuoco dell’Etna, nonostante le tante imitazioni.

Le caratteristiche del Fuoco dell’Etna

Il nome del liquore non è un semplice omaggio al vulcano che protegge la distilleria. Il Fuoco dell’Etna si riferisce infatti al colore della lava vulcanica, che è caratteristica di questa bevanda.

Il consiglio è infatti quello di degustare il Fuoco dell’Etna in un bicchierino trasparente, perché se l’occhio vuole la sua parte, il rosso brillante (e quasi accecante) è sicuramente un aspetto ammaliante.

Ma il Fuoco può anche alludere al calore del liquore, che presenta una gradazione alcolica piuttosto elevata: 70%. 

Non lasciatevi però spaventare dal colore e dalla gradazione.

È vero che al palato, il Fuoco dell’Etna risulta forte e deciso; tuttavia, l’uso di essenze di fragole, agrumi ed erbe aromatiche rendono comunque la degustazione piacevole e saporita. 

È quindi ideale da bere da solo, magari dopo un buon pasto, ma è ingrediente immancabile anche di alcuni cocktail nonché presente in coppe gelato.

Curiosità

La tradizione liquoristica italiana è sicuramente nota: già nel ‘500 Caterina, figlia di Lorenzo de’ Medici, portò con sé alla corte di Enrico II di Francia (suo marito), oltre a cuochi e pasticceri, anche i migliori liquoristi italiani.

I liquori, così come i distillati e gli amari, sono anche detti ammazzacaffè. Questo bizzarro nome deriva dal fatto che i nobili, dopo aver bevuto il caffè, per eliminare il retrogusto concludevano il pasto con qualcosa di più forte.

Il liquore è presente anche in citazioni celebri.

“Meglio che la pancia scoppi piuttosto che un buon liquore vada perduto” (Jonathan Swift).

“I liquori ti uccidono lentamente. Ma chi ha fretta?” (Leopold Fechtner)

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