I nomi dei luoghi in Sicilia sono un tesoro di informazioni sulla storia e sulla cultura dell’isola.
Ogni nome di luogo racchiude in sé una storia unica, che riflette le influenze delle diverse civiltà e dei popoli che hanno abitato la Sicilia nel corso dei secoli.
In questo articolo, esploreremo come i nomi dei luoghi in Sicilia siano una finestra sulla storia di questo territorio, e come essi ci aiutino a comprendere la ricca e complessa storia dell’isola al centro del Mediterraneo.
La Sicilia, come è noto ha avuto nella sua lunga storia diverse dominazioni, con un intreccio di popoli, fisionomie, linguaggi e anche ingredienti culinari che sono stati introdotti dalle diverse civiltà che si sono succedute nel corso del tempo.
Ognuno di questi popoli ha portato con sé la sua lingua, i suoi modi di dire, i suoi significati, che ancora oggi sopravvivono soprattutto nella toponomastica.
Le città siciliane presentano un panorama assolutamente unico, senza un filo conduttore tipico di altre regioni se non in base alle diverse lingue che l’isola ha conosciuto.
Noi cercheremo di fare un piccolo riassunto di un argomento incredibilmente esteso, basandoci su quella distinzione tra le diverse lingue che col tempo si sono parlate in Sicilia.
Ovviamente, vista la natura del nostro blog, improntata a far conoscere ricette ed eccellenze enogastronomiche della nostra terra, accompagneremo alle diverse città le preparazioni tipiche del luogo.
Questo deriva, più che da una scelta stilistica, dalla convinzione che la cucina è frutto della storia di un territorio, al pari del linguaggio e delle usanze: tutti ingredienti di quella ricetta unica che è la cultura siciliana.
Le colonie greche
La prima grande dominazione dell’isola di Sicilia è quella greca: le diverse poleis della madrepatria al di là del Mediterraneo, alla ricerca di nuove terre, si spingono fino alle coste siciliane (e di tutto il sud Italia) fondando diverse colonie, che immancabilmente presentano un nome greco (e alcune di queste l’hanno mantenuto).
In effetti, i nomi dei luoghi in Sicilia di origine greca sono molto numerosi, a partire da quasi tutti i capoluoghi di provincia.
Superato lo Stretto, troviamo Messina, la città della famosa focaccia e dello stoccafisso â ghiotta.
La città prendeva inizialmente il nome di Zankle, che significa “falce” a indicare la forma del porto naturale costituito dalle coste di Cariddi.
Tuttavia, nel V secolo a.C. il tiranno Anassila fece insediare in città dei profughi provenienti dalla regione peloponnesiaca della Messenia: da qui deriva il nome Messene che fino ai giorni nostri si tramuta in Messina.
Altra importantissima colonia greca era l’attuale capoluogo, Palermo.
Chiamata Zyz dai Fenici, i greci la denominarono invece Panormos.
Questo nome, da cui deriva l’odierna Palermo, significa letteralmente “tutto porto”, per la conformazione unica della città, solcata dai fiumi Papireto e Kemonia che creavano un approdo naturale.
Una conformazione simile a quella di Selinunte, colonia di Megara Iblea (nei pressi di Augusta), attraversata dal Belice e dal Modione.
L’area era (ed è ancora) ricca di sedano, in greco Selinon, da cui appunto Selinunte.
Racconti mitici
Sempre in provincia troviamo Trapani, sede dell’affascinante rito dei Misteri.
Secondo la leggenda, una falce cadde dalle mani di Cerere e andò a formare le coste trapanesi, che prendono quindi la forma di falce, in greco drepanon, da cui appunto Trapani.
A proteggere il capoluogo il Monte San Giuliano, su cui si staglia Erice (luogo dove poter gustare, fra le numerose bontà dolciarie, le celebri genovesi ericine).
Si racconta che fu fondata dagli esuli troiani, sebbene un’altra leggenda vede come fondatore l’eroe greco Erice, figlio di Afrodite e di Bute.
Derivano da un personaggio della mitologia greca anche i nomi dei luoghi in Sicilia contrassegnati dal prefisso “Aci” (Acireale, Acitrezza, Acicatena, Aci Sant’Antonio ecc.).
Questi comuni devono il loro prefisso comune al fiume Aci (ormai estinto) che i greci avevano personificato in un pastore mitologico.
Ai piedi dell’Etna anche la città di Catania, che si lega indissolubilmente al vulcano.
Sebbene per alcuni derivi dal siculo katane (grattugia), un’altra interpretazione legge l’aggiunta del prefisso greco kata- al vulcano Aitnè – in altre parole, “appoggiata all’Etna).
La lingua sicula
Si è fatto accenno alla lingua sicula, una lingua indoeuropea tipica dei popoli della Sicilia Orientale.
Un’importantissima colonia greca, quella di Siracusa, deriverebbe proprio dal siculo Syrako, ad indicare l’abbondanza di acqua del posto.
Di origine sicula o sicana anche Enna, provincia ricca di tradizione gastronomica e dolciaria in particolare.
Ricordiamo, a questo proposito, le squisite cassatelle di Agira, gli sgrinfiati e i cuffiteḍḍi di Calascibetta; per non parlare di vere e proprie eccellenze gastronomiche come il pane del Dittaino o la pesca di Leonforte.
Andando fuori dal Vecchio Continente, alcune città dovrebbero il loro nome all’aramaico antico.
Da questa lingua sembra derivare infatti il nome di Cefalù, dove si può gustare la tipica pasta a taianu.
In aramaico con kephas si indicava la pietra, in riferimento al promontorio su cui cresce Cefalù.
Di origine pregreca anche il comune messinese di Mistretta, che discende da Amestratos, il cui significato è però oscuro.
I nomi dei luoghi in Sicilia: altri esempi greci
Tornando alla dominazione greca, ci spostiamo in provincia di Agrigento.
A tal proposito, il nome greco del capoluogo era Akragas, ancora oggi omaggiato dalla squadra della città.
Non lontano dal capoluogo troviamo Bivona (dove cresce rigogliosa una specialità di pesca), che secondo l’interpretazione prende il nome da Hippana, un antico insediamento greco le cui rovine si trovano ancora nella zona.
Spostandoci sulla costa tirrenica, giungiamo a Termini Imerese, che deriva dal greco Thermai Himeraiai.
Alla maniera della stazione Termini a Roma, anche la città palermitana sorgeva su delle zone termali nei pressi del fiume Himera. A Termini Imerese si può certamente fare una sosta e gustare la rinomata favazza.
Dall’altro lato della Trinacria, in provincia di Siracusa, sorge invece una città che fa del rosso del suo pomodoro il suo marchio globale: Pachino.
Il nome deriverebbe dal greco Pákhunos, a sua volta da pakhús, traducibile con “fertile” e che ben si addice all’abbondanza del luogo.
Nomi latini
Nei secoli, la Sicilia divenne una provincia romana, e proprio il latino ha avuto una grande influenza sui nomi dei luoghi e su quelli di numerosi comuni.
In realtà la fondazione di questi ultimi è databile al Medioevo, quando ormai il latino era la lingua ufficiale di tutto lo Stivale, ma per correlazione logica ne parliamo seguendo le concatenazioni di dominazioni.
Sono nomi latini Castelvetrano (dove ci si può fermare a gustare il celebre pane nero), che discende da Castrum Veteranum (che indicava un antico incrocio di strade) e Campobello di Mazara (in questi territori cresce la Nocellara del Belice).
Campobello significa “campo di battaglia”, ed è un toponimo che ritroviamo anche in provincia di Agrigento, a Campobello di Licata: quest’ultimo sarebbe invece di derivazione greca.
Partinico (dove si prepara la tradizionale sasizza pasqualora e le cassatelle con i ceci), deriva invece da un frate, che definì il luogo “Pars Iniqua, Gens Rea”, da cui appunto Partinico.
Deriva dal latino anche Ispica (luogo dove si coltiva la carota novella IGP), frutto della corruzione di Hyspicaefundus, ovvero “fondo di cava Ispica”.
Tornando in provincia di Trapani, menzioniamo anche il piccolo comune di Buseto Palizzolo: Buxus, in latino, indicava la pianta ornamentale del bosso (mentre Palizzolo è un cognome tipico della zona).
Il dominio bizantino
Nel VI la Sicilia tornò sotto l’influenza greca, ma questa volta non attraverso la frastagliata discendenza dalle svariate poleis.
Al contrario, l’isola fu conquistata da Belisario, imperatore dell’Impero Romano d’Oriente, che scacciò i barbari e annesse la Sicilia al territorio di Bisanzio.
Nacquero così diversi centri, che ovviamente presero nomi greci: si trattava questa volta, però, di un greco più standardizzato, diversamente dalla varietà di dialetti tipici della Magna Grecia.
Un esempio lampante di questa influenza bizantina lo si vede nella capitale del marmo (e delle “spince”).
Stiamo parlando di Custonaci, che per alcuni deriva dal greco moderno kastanaki (ovvero “piccola castagna”), per altri dal nome proprio Kostantinos.
In provincia di Agrigento sorge invece la città di Cammarata, che alla maniera di Roma include al suo interno, in una sorta di enclave vaticano, il comune di San Giovanni Gemini (entrambi luogo d’origine dell’iconico formaggio Ainuzzi).
Secondo la tesi più attendibile, il nome deriva dal bizantino Kàmara che indica una stanza a volta, forse in correlazione ad una grotta nelle vicinanze del paese.
I nomi dei luoghi in Sicilia: lo sbarco degli Arabi
Nell’827 gli arabi sbarcarono a Capo Granitola dando avvio alla lunga dominazione araba.
Capo Granitola, a tal proposito, si trova tra la già citata Campobello e Mazara del Vallo, che più di tutti svela la sua origine araba.
Non tanto per Mazara, che deriva piuttosto dal termine fenicio che indicava (e indica tutt’ora) il fiume che divide in due la città (e che, in lingua fenicia, indicava una “rocca”).
Il legame lo si evince dal Vallo, ovvero la suddivisione della Sicilia nei tre Valli di Mazara, Noto e Valdemone – ognuno di essi corrisponde più o meno alla zona di produzione di prodotti olivicoli DOP – iniziata proprio con la dominazione saracena.
A pochi chilometri da Mazara, sorge Marsala, patria dell’omonimo vino.
La città, fondata dai fenici scappati dalla vicina colonia di Mothia, era chiamata Lilýbaion, ovvero “la città che guarda alla Libia”.
Dopo la conquista araba si ebbe la trasformazione in marsā Allāh (“porto di Dio”) – ma più probabilmente si tratta di una storpiatura di marsā ʿaliyy, ovvero “porto di Alì” – da cui appunto Marsala.
La città di Canicattì (dove si produce dell’ottima uva da tavola) deriverebbe invece da Handaq-attin, il “fossato di fango” che cingeva la città.
Una storia simile riguarda anche il centro siracusano di Canicattini Bagni: in questo caso il nome originario era Ayn-at-tin (“sorgente di fango”), mentre il termine Bagni si riferisce all’omonimo feudo.
Nomi ricorrenti
I nomi arabi evidenziano poi un tentativo didascalico da parte dei dominatori, che nominano diverse città con le stesse particelle.
È il caso di Caltanissetta (sede di una delle Settimane Sante più suggestive), che discende da Qalʿat an-nisāʾ, cioè “castello delle donne” – forse per via del fatto che, vista la necessità dei contadini di dormire nei villaggi rurali, la rocca sembrasse abitata solo da donne.
La prima parte, che si riferisce ai castelli, la ritroviamo anche in Calatafimi, da qal’at fimi (questa volta il castello è di Eufemio), ma anche in Caltagirone e Calascibetta: nel primo caso ci si potrebbe riferire al termine arabo con cui vengono chiamati i cinghiali (presente anche nel vicino comune di San Michele di Ganzaria), nel secondo si potrebbe far derivare da šabaṯ (l’aneto).
Un simile intento lo si ha anche per Gibellina, che significa letteralmente “piccolo monte” – come per Gibilterra.
Nel caso di Isnello, in provincia di Palermo (dove sorge il parco astronomico GAL Hassin e dove ci si può fermare ad assaggiare le corna, dei biscotti tipici isnellesi) il nome indica invece un animale tipico della zona: l’al-himar, ossia l’asino.
È opportuno accennare anche a Sciacca, città a cavallo tra Mazara e Agrigento: il termine pare discendere da ash-sciaqqah, che si può tradurre con “la separante” e che ben rispecchia la particolare ubicazione della sede di uno dei Carnevali più spettacolari.
A Sciacca si prepara un succedaneo “estivo” del cannolo: l’ova murina.
I nomi dei luoghi in Sicilia: gli aragonesi
Dopo la cacciata degli arabi, la Sicilia conobbe il periodo normanno e poi la lunga dominazione spagnola, fino alla creazione del Regno delle Due Sicilie.
In questa fase, tuttavia, non si registrano toponimi di sorta, semplicemente perché i centri più importanti avevano ormai secoli di storia alle spalle e la gente li conosceva con il loro nome tradizionale.
Possiamo comunque trovare delle influenze spagnole nella città di Aragona, dove si cucina ancora, secondo la tradizione, il taganu.
Il nome è un chiaro riferimento alla potentissima casata degli Aragona, che mostrano la loro influenza anche sul comune di Barcellona Pozzo di Gotto, che è inevitabilmente collegato all’omonima capitale catalana.
Anche Paceco, in provincia di Trapani, è riconducibile alla dominazione spagnola.
Per concludere questo breve accenno, passiamo alla capitale delle arance.
Siamo a Ribera, città natale di Francesco Crispi, che sorge vicino al fiume Verdura: ebbene, in spagnolo Ribera è proprio il bacino d’acqua.
I nomi dei luoghi in Sicilia: conclusioni
Questo lungo elenco sarebbe potuto andare molto avanti, ma non sarebbero bastati giorni per leggerlo tutto.
Questa pur breve rassegna dà già un’idea dell’incredibile varietà della toponomastica siciliana, che risente inevitabilmente delle diverse dominazioni.
I vari popoli, oltre a portare con sé abitudini e riti, hanno inevitabilmente trasformato la lingua siciliana: questo è evidente non solo nei termini di tutti i giorni, ma anche e soprattutto nei nomi delle città.
Ma i vari dominatori ci hanno fatto anche conoscere nuove ricette, coltivazioni inusuali e prodotti mai visti prima, dalle arance ai fichidindia, dai meloni alle albicocche.
Per tale motivo abbiamo deciso di unire storia e cucina, toponomastica ed eccellenze enogastronomiche e culinarie della nostra terra.
La Sicilia è sempre stata un’affascinante crocevia di etnie, e questa straordinaria varietà la si può ammirare in tutto, dalla lingua all’arte fino alla cucina.