Salame Sant’Angelo IGP

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Per la rubrica delle eccellenze enogastronomiche ci spostiamo oggi nella piccola e affascinante Sant’Angelo di Brolo, un paese in provincia di Messina incastonato in una valle tra i Nebrodi, divenuto famoso per il suo salame.

Qui è infatti custodita con cura la ricetta di una vera e propria eccellenza che ha ottenuto il marchio IGP. Stiamo parlando del Salame Sant’Angelo, che può vantare una storia quasi millenaria, risalente all’epoca normanna.

Si tratta di un insaccato di carne suina, tenero e con una percentuale di grasso non troppo elevata, e dal sapore leggermente speziato che tradisce invece un aroma all’apparenza dolce.

Nascita del salame

Quella del Sant’Angelo è solo una delle tantissime varietà di salame, un salume insaccato ottenuto dalla macinazione di carne e grasso, e che prende il suo nome dall’operazione di salatura che nei tempi antichi era necessaria per garantire una lunga conservazione al prodotto.

Prodotto che oggi è presente in tutto il mondo, quasi sempre a partire da carne suina (sia essa di maiale o di cinghiale), che viene macinata, speziata, inserita nel budello di origine animale e poi lasciata a stagionare.

Il salame ha origini ormai antichissime, delle quali è il nostro Paese a potersene vantare.

Il re dei salumi nasce infatti in Italia, più precisamente in Etruria, dove per la prima volta si utilizza la tecnica di salatura che tutti conosciamo.

Una tecnica poi perfezionata dai romani (che usavano il termine insicia o salumen) e che si diffonde ulteriormente nel Medioevo, quando poi ogni singolo centro sviluppa una propria personale ricetta.

Etruschi e Romani

In realtà, forme simili di insaccati si producevano già nella preistoria, sebbene ancora non fosse adoperato il processo di salatura – si usava piuttosto essiccare il macinato di carne col fuoco.

Testimonianze di insaccati di carne e grasso si hanno anche nell’Antico Egitto, e anzi pare fosse un alimento molto apprezzato dai faraoni.

Anche Omero e più recentemente Aristofane parlavano di una sorta di salame, che certo non aveva niente a che vedere con l’alimento etrusco. Questo però dimostra come da sempre l’uomo abbia cercato di conservare il più a lungo possibile la carne di maiale.

Come detto, la svolta nella storia degli insaccati la si deve agli Etruschi e soprattutto ai Romani.

Ciò avviene proprio sulla Via Salaria, l’asse longitudinale allo Stivale che portava all’Adriatico.

La via Salaria era la via di commercio del sale: un ingrediente essenziale per la realizzazione della prima insicia (così detta perché insaccata nel budello), realizzata prima con carne cotta e solo poi con carne cruda.

Questo insaccato ebbe così tanto successo da arrivare in tutte le province dell’impero. Ciò spinse alla creazione di altri salumi come il prosciutto, tutti caratterizzati dall’uso del sale per la conservazione.

Caduto l’impero, al Nord saranno i Longobardi a raccogliere la tradizione dei salumi e a cercare di tutelarne la produzione, soprattutto garantendo sulla qualità della carne cruda che si utilizzava.

Non è un caso che le prime aree dedite alla produzione di insaccati siano proprio Emilia e Lombardia, oltre ovviamente ad Umbria e Lazio.

Nel frattempo si inizia ad utilizzare il termine salamen, per distinguere il preparato di suino da altri tipi di cibi conservati con la tecnica della salatura.

Salami regionali

Con l’avvento dei Comuni e poi delle Signorie, si ha un’ulteriore specializzazione dei centri di produzione di salumi. Questi di volta in volta creano delle ricette diverse, spesso non solo a carattere regionale ma anche da borgo a borgo.

Amato da tutte le classi, sia dal popolo sia dalle dinastie reali, il salame inizia così a diventare un esempio di tipicità regionale. Così, contrapposto al salame Milano, ricordiamo ad esempio il Napoli.

L’Italia è così culla di diverse specialità di salame, sebbene una delle varietà più amate non sia di origine italiana. Parliamo del salame ungherese, portato in Italia da un immigrato boemo ma che ormai è diventato parte della nostra tradizione salumiera.

Il salame Sant’Angelo IGP

Tornando ai salami storici dell’Italia, non possiamo non parlare del Salame Sant’Angelo IGP, prodotto nel comune di Sant’Angelo di Brolo.

Questo salame ha una storia lunga quasi mille anni, in quanto nacque intorno all’XI secolo, quando dopo la cacciata degli Arabi (che non permettevano la manipolazione di carne di suino) i Normanni diffusero a macchia d’olio il consumo di carne di maiale.

Sul territorio siciliano andarono affermandosi così centri specializzati nella preparazione di questo insaccato. Fra questi Sant’Angelo di Brolo, che custodisce ormai da quasi mille anni una ricetta unica e a prova di emulazioni.

La storia antichissima del salame di Sant’Angelo di Brolo è testimoniata anche da alcuni documenti che testimoniano la tassazione di questa specifica produzione salumiera, ma anche dal cosiddetto Rivelo: una vera e propria autocertificazione dei produttori dell’insaccato in questione, volta a garantire ai consumatori la qualità della carne ma anche a tutelare l’unicum della produzione del Sant’Angelo IGP.

La preparazione 

Ancora oggi si utilizzano infatti la stessa ricetta e lo stesso metodo di preparazione.

Per quanto riguarda la specie di maiale, si utilizzano tagli di Duroc, Landrace Italiana e Large White.

Di queste carni scelte, gli esperti salumieri adoperano pancettone, coppa, lonza, spalla, filetto e coscia.

Parti magre e grasse (queste ultime non superano il 20%), tutte rigorosamente tagliate a punta di coltello e insaporite con sale e pepe.

Il composto ottenuto viene poi insaccato in un budello di maiale e legato con spago, e rimane a stagionare almeno un mese.

Caratteristiche del Salame Sant’Angelo IGP

Quello che si ottiene è un prodotto di elevatissima qualità.

L’esterno si presenta biancastro e irregolare, mentre al taglio possiamo ammirare una fetta dal colore rosso rubino. Questa è frastagliata dal bianco del grasso che non predomina: queste due parti quasi si fondono assieme, legate in maniera indissolubile e non divise l’una dall’altra.

Ad un primo approccio olfattivo, ci colpisce subito un aroma dolce, che però in bocca lascia il posto al gusto speziato dato dal pepe nero. Questo però non contamina troppo la degustazione della tenera carne e del grasso delicato.

Usi del Salame Sant’Angelo IGP

Visto l’utilizzo di carni pregiate, è definito il “prosciutto sotto forma di salame”. Ideale gustato da solo o accompagnato dalle olive e da un buon vino rosso, è un ottimo antipasto, tagliato a fette grosse.

Si può anche utilizzare per la realizzazione di diverse ricette della tradizione siciliana, fra le quali citiamo, a mero titolo di esempio, la vasteḍḍa cû sammucu di Troina.

Per preservare la sua storia e la sua segretezza, è stato conferito al Salame Sant’Angelo il marchio IGP.

Ogni anno, nel mese di gennaio, si tiene a Sant’Angelo di Brolo la Fiera Regionale del Salame e dei prodotti tipici agro-alimentari Val di Sant’Angelo.

Curiosità

Il re dei salumi appare per la prima volta in uno scritto di Niccolò Piccinino, che si rivolgeva al duca di Milano Galeazzo Maria Visconti per ottenere “venti maiali per fare il salame” per sé e i suoi soldati impegnati nella guerra contro Firenze.

Secondo la tradizione, il salame dovrebbe essere tagliato seguendo un’inclinazione di 60°. La fetta deve essere abbastanza spessa da stare in piedi da sola, come recita uno dei tanti proverbi sul salame.

Del maiale niente va perduto.

Un cavaliere tra due dame fa la figura del salame.

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