Introduzione
La focaccia messinese è molto più di una semplice specialità da forno: è un rito collettivo, un sapore che racconta l’identità profonda della città sullo Stretto. Nata tra i vicoli antichi di Messina, dove il profumo del mare incontra quello del pane appena sfornato, questa focaccia rappresenta la perfetta sintesi tra terra e mare, tra cultura contadina e spirito urbano. Croccante all’esterno, morbida dentro, ricca di pomodori maturi, scarola e formaggio tuma, la focaccia messinese è un simbolo di convivialità, consumata in ogni stagione e in ogni occasione, dal pranzo domenicale alle serate d’estate con gli amici. Il suo profumo, che si diffonde dalle panetterie del centro storico fino alle colline che guardano l’azzurro dello Stretto, evoca il ritmo quotidiano della città: la frenesia dei mercati, la pazienza dei fornai, la generosità degli ingredienti locali. In ogni morso, la focaccia racconta la Sicilia nord-orientale, quella sospesa tra due mari, dove le influenze calabresi si fondono con la grande tradizione gastronomica dell’isola.
Origini e storia
Le origini della focaccia messinese affondano nel cuore della storia mediterranea. Già nel Medioevo, i forni di Messina sfornavano pani arricchiti con erbe, formaggi e verdure, secondo l’antica consuetudine siciliana di nobilitare la farina con ciò che la terra offriva. Ma fu nel XIX secolo che nacque la versione moderna della focaccia: un impasto di semola e farina bianca, cotto in teglia e condito con ingredienti semplici ma intensi. Il contesto era quello di una città laboriosa e cosmopolita, aperta agli scambi grazie al suo porto. Gli ingredienti raccontano la geografia del luogo: la scarola (o indivia), proveniente dalle campagne circostanti, i pomodori pelati che arrivavano maturi dai campi di Milazzo e Barcellona Pozzo di Gotto, la tuma fresca dei pascoli dei Nebrodi e le acciughe salate dei pescatori locali. Tutto questo dava vita a una focaccia ricca, saporita, dal carattere inconfondibile. La tradizione vuole che la focaccia messinese fosse, un tempo, preparata nelle feste popolari e nelle grandi occasioni familiari. I fornai la cuocevano nei grandi forni a legna insieme ai pani della settimana, e il profumo della focaccia segnava un momento di festa, un’occasione per riunire amici e vicini. Ancora oggi, a Messina, la focaccia non è mai solo cibo: è un gesto di appartenenza, un linguaggio silenzioso di affetto e ospitalità.
I sapori e le varianti
L’essenza della focaccia messinese risiede nella sua semplicità armoniosa. L’impasto, a base di farina di grano duro, lievito e olio extravergine d’oliva, viene lavorato con lentezza, lasciato riposare e poi steso in una teglia generosa, dove la magia comincia. Sopra, si stende un letto di scarola tagliata, che in cottura rilascia la sua umidità e crea un contrasto irresistibile con la crosta dorata. A seguire, si aggiungono pomodori pelati a pezzi, leggermente schiacciati con le mani, come vuole la tradizione, e poi filetti di acciughe che regalano la giusta sapidità. Infine, la tuma fresca o il primosale completano il quadro con la loro dolcezza lattica. Il segreto, come sempre in Sicilia, sta nella qualità degli ingredienti. La tuma deve essere morbida, giovane, quasi burrosa; l’olio extravergine profumato, spesso proveniente dagli uliveti dei Peloritani; le acciughe, conservate artigianalmente, devono fondersi senza sovrastare. A Messina, ogni forno ha la propria versione: c’è chi aggiunge cipolla, chi sostituisce la scarola con i friarielli, chi gioca con l’impasto più sottile o più alto. In alcuni quartieri si trova anche una versione arricchita con pomodorini freschi e origano, che ricorda per certi versi lo “sfincione palermitano”, ma conserva sempre la sua anima messinese. Una variante storica, oggi rara ma affascinante, è la focaccia “alla marinara”, dove le acciughe diventano protagoniste assolute e la scarola scompare, lasciando spazio a un gusto più deciso di mare. Tuttavia, la versione “classica” resta quella più amata: un equilibrio perfetto tra terra e mare, tra l’amaro dell’erba, la dolcezza del pomodoro e la sapidità del pesce.
Il territorio e la gente
Nessuna focaccia messinese può essere compresa senza comprendere il territorio che la genera. Messina è una città di confine, uno spazio sospeso tra due mondi, tra la Sicilia e la Calabria, tra l’Europa e il Mediterraneo. La sua cucina riflette questa dualità: è povera e raffinata, marinara e contadina, antica e viva. Ogni ingrediente della focaccia nasce da un paesaggio preciso: le colline dei Peloritani, dove la terra profuma di erbe selvatiche; i mercati di viale Giostra e del Viale San Martino, dove le donne scelgono le migliori scarole e i pescivendoli espongono acciughe ancora lucenti. In questa geografia dei sapori, la focaccia diventa un punto di incontro. Si mangia calda, appena uscita dal forno, in piedi davanti alla panetteria, con le dita che si ungono d’olio e il mare sullo sfondo. Si condivide in famiglia, durante le serate estive, accompagnata da un bicchiere di birra o da un vino bianco dei colli messinesi. È un cibo democratico e poetico, che unisce il pescatore e lo studente, il professionista e il contadino. Ogni morso racconta la resilienza e la generosità di questa città, capace di rinascere dalle sue macerie, come accadde dopo il terribile terremoto del 1908, conservando intatto il gusto delle sue tradizioni.
Simboli e ritualità
La focaccia messinese non è mai solo nutrimento: è un simbolo di identità. Nelle famiglie, prepararla è un gesto d’amore che si tramanda da madre a figlia. Il profumo che si diffonde in casa durante la cottura è un segnale di festa, di ritorno, di accoglienza. Nei giorni di ricorrenza – come la festa della Madonna della Lettera, patrona di Messina, o durante le celebrazioni di Ferragosto – la focaccia diventa protagonista delle tavole imbandite, accompagnando il vino novello o il limoncello artigianale. Nel linguaggio popolare, dire “ci pigghiamu ‘na focaccia” significa molto più che mangiare: è condividere un momento, spezzare il tempo con la semplicità di un impasto che diventa memoria. In ogni forno del centro storico si sente questa continuità: le mani dei fornai ripetono gesti antichi, le pale di legno scivolano nelle bocche ardenti dei forni, e le teglie si riempiono di luce dorata. In alcuni quartieri, si racconta che la focaccia fosse portata anche ai marinai in partenza, come buon augurio di ritorno sicuro.
Tradizione e contemporaneità
Oggi la focaccia messinese vive una seconda giovinezza. I giovani panettieri della città, custodi di una tradizione secolare, la reinterpretano con rispetto e creatività. C’è chi usa farine integrali, chi preferisce impasti a lunga lievitazione, chi gioca con formaggi di capra dei Nebrodi o con pomodorini del Piennolo. Ma la struttura resta quella originaria, fedele all’essenza della città. Anche i ristoranti gourmet l’hanno riscoperta, proponendola come antipasto o street food raffinato, abbinata a vini autoctoni come il Faro DOC o lo Zibibbo secco. Messina, negli ultimi anni, ha anche celebrato la sua focaccia in eventi pubblici e festival dedicati alla cucina dello Stretto, dove il piatto è protagonista accanto ad altre eccellenze come la granita, le braciole e i pidoni. Il successo di queste iniziative dimostra quanto la focaccia sia radicata nel cuore dei messinesi, non solo come alimento, ma come emblema di identità collettiva. Persino gli emigrati messinesi all’estero raccontano di aver provato, in ogni parte del mondo, a ricreare quel sapore inconfondibile, impastando con nostalgia e cercando nei mercati locali una tuma che possa somigliare a quella della loro infanzia. Per loro, la focaccia diventa un ponte con la patria lontana, un modo per restare legati a un’origine che profuma di farina, pomodoro e mare.
Conclusione: il sapore dell’identità
La focaccia messinese è un inno alla semplicità e alla memoria. È il gusto della terra che incontra quello del mare, la tradizione che resiste al tempo, la Sicilia che si racconta in un gesto quotidiano. In un mondo che corre, la focaccia invita a fermarsi, a respirare, a ricordare che l’identità passa anche attraverso il pane condiviso. Ogni teglia che esce dal forno è un atto d’amore per una città che non smette mai di guardare lo Stretto, di ascoltare il vento e di riconoscersi nei sapori che la definiscono. In quel morso fragrante, caldo, avvolto di profumi, c’è tutta Messina: il suo mare, la sua gente, la sua luce. E c’è la certezza che, finché si continuerà a impastare, a cuocere, a condividere una fetta di focaccia, la memoria della Sicilia resterà viva, luminosa e autentica come il primo giorno.
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